La malattia dei calcoli biliari (GSD) è un grave problema di salute nei paesi sviluppati. I fattori genetici sono certamente di grande importanza e sono stati identificati una serie di geni in grado di promuovere la formazione e la crescita dei calcoli biliari. Tuttavia, l’analisi delle coppie di gemelli ha mostrato che i fattori genetici rappresentano solo il 25% circa del rischio di calcoli biliari, sottolineando l’importanza dei fattori modificabili legati all’ambiente e allo stile di vita. Diete ricche di grassi saturi, zuccheri raffinati e basso apporto di fibre aumentano il rischio.
L’obesità, il sovrappeso, il diabete di tipo 2, l’insulino resistenza, ipercolesterolemia, la sedentarietà, l’eccessivo consumo di alcol, sono tutti fattori che possono predisporre ai calcoli biliari.Il rischio, inoltre, sembra aumentare per specifici componenti dietetici:
il consumo di fast food, almeno una volta alla settimana e il consumo di carne, sono stati identificati come fattori di rischio aggiuntivi per i calcoli biliari sintomatici. Inoltre, un’elevata assunzione di zuccheri raffinati e cibi dolci possono rappresentare fattori di rischio in entrambi i sessi.
Un’elevata assunzione di fruttosio (ma non di saccarosio, lattosio o galattosio) è stata associata a un aumentato rischio di incidenti con fanghi/calcoli biliari e questa associazione è indipendente dall’assunzione totale di carboidrati. L’effetto litogenico del fruttosio sembra dipendere da diversi meccanismi concomitanti, come induzione di insulino-resistenza, adiposità viscerale, sindrome metabolica, steatosi epatica secondaria all’accumulo di trigliceridi e stasi della cistifellea. Il fruttosio è nascosto in molti alimenti dolci e si trova nella frutta. Si devono evitare il piu’ possibile gli alimenti dolci con dentro fruttosio e non si deve esagerare con il quantitativo di frutta (2 frutti al giorno vanno bene).
E’ stato visto che i pazienti con calcoli biliari consumano meno fibre rispetto ai controlli. Il meccanismo comporta un effetto negativo sulla motilità del colon e un aumento della produzione di acidi biliari secondari (litogenici), cioè acido desossicolico e acido litocolico.
Anche la vitamina C alimentare potrebbe svolgere un ruolo chiave, poiché la vitamina C modula le vie epatiche e biliari dell’omeostasi del colesterolo promuovendo la conversione del colesterolo in acidi biliari attraverso la 7α-idrossilazione epatica.
Una carenza di vitamina C è stata associata ad un aumentato rischio di formazione di calcoli biliari di colesterolo. La carenza di vitamina C, quindi, promuove la formazione di calcoli biliari, mentre l’integrazione di vitamina C la previene.
In sostanza per cercare di prevenire la formazione di calcoli biliari, bisogna assumere le giuste quantità caloriche (non eccedere), avere una dieta ricca di vegetali, ridurre i grassi saturi e favorire quelli buoni: olio evo, avocado, pesce azzurro, ecc; eliminare o ridurre al minimo gli zuccheri semplici e i dolci e favorire i carboidrati complessi da cereali integrali. Assumere la giusta quantità di liquidi (acqua) e privilegiare pasti piccoli ma più’ frequenti. Non assumere più’ di 2 frutti al giorno. Fare almeno 150 minuti di attività fisica a settimana. Moderare l’assunzione di alcolici.
BIBLIOGRAFIA:
Agostino Di Ciaulaa, Gabriella Garrutib, Gema Frühbeckc, Maria De Angelisd, Ornella de Barie, David Q.-H. Wangf, Frank Lammertg, Piero Portincasae, Role of Diet in the Pathogenesis of Cholesterol Gallstones, Curr Med Chem. 2019 ; 26(19): 3620–3638. doi:10.2174/0929867324666170530080636.
DOTT. CRISTIAN MASTROPIETRO